Tra i tanti prodotti tipici che vengono realizzati in Campania, uno ancora troppo poco noto è il pecorino bagnolese, un formaggio a pasta molle ricavato dal latte crudo di pecora, che ancora viene munto a mano, e proveniente da una particolare razza ovina autoctona allevata sull’altopiano di Laceno in Irpinia. Il pecorino bagnolese ha rapidamente scalato le gerarchie nella schiera dei prodotti gastronomici locali forte del suo essere un presidio Slow Food, nella prospettiva dunque di un recupero di tradizioni antichissime proiettate nel nuovo millennio non solo come identità culturale da preservare, ma come nuova prospettiva di un modo di intendere l’alimentazione, che cerca di coniugare al massimo piacevolezza nel gusto, l’essere sano e dall’impatto ambientale minimo.
Come viene prodotto il pecorino bagnolese
Il pecorino bagnolese dop è un’eccellenza assoluta la cui fama forse è ancora troppo oscurata da altri prodotti caseari campani che compongono il cosiddetto “oro bianco” locale, con in testa naturalmente la mozzarella di bufala. Come viene lavorato il pecorino bagnolese? Come abbiamo accennato in precedenza, questo pecorino campano viene prodotto con latte di pecora munto a mano, a cui si unisce il caglio di agnello prodotto localmente: dopo la rottura della cagliata si separa la massa dal siero, che viene utilizzato per produrre la ricotta fresca o la sua variante salata.
Un altro momento molto importante per la produzione del pecorino bagnolese riguarda la stagionatura, che ha una durata complessiva variabile ma parte almeno dai 30 giorni a salire. Questa stagionatura del pecorino bagnolese produce una crosta marrone di forma compatta, e al suo interno contiene invece una pasta color giallo paglierino, di aspetto consistente e con una giusta grassezza al palato. Il sapore può farsi via via sempre più piccante con il progredire dell’affinamento, e le porzioni di pecorino bagnolese alla massima stagionatura diventano ottimi formaggi da grattugia da utilizzare come condimento per tante preparazioni in cucina.
Il pecorino bagnolese, una tradizione da riscoprire
Il pecorino bagnolese prende il suo nome da una razza ovina denominata appunto Bagnolese, che viene allevate sui monti dell’Irpinia Centrale, più precisamente sull’altopiano Laceno all’interno del Parco Regionale dei Monti Picentini. Una volta questa razza ovina autoctona aveva una diffusione molto ampia, ben al di fuori anche dei confini irpini, oggi invece l’allevamento è ridotto a qualche migliaio di capi tenuti a uno stato semibrado. L’aspetto più interessante legato all’allevamento ovino in correlazione alla realizzazione del pecorino bagnolese è che queste pecore, riconoscibili dal tipico manto bianco chiazzato lungo il dorso di tonalità più scure, vengono condotte ai pascoli seguendo l’antica pratica della monticazione. Questo termine indica la fase iniziale della transumanza nel periodo primaverile ed estivo, quando avviene il trasferimento degli armenti e dei pastori dalle zone maggiormente pianeggianti ai pascoli di alta quota, dando l’abbrivio al cosiddetto alpeggio. Tutta la lavorazione del pecorino bagnolese segue un sistema tradizionale, dall’allevamento del bestiame fino all’ultimo stadio di lavorazione del prodotto che giunge sulle nostre tavole, rendendo ancora più preziosa la conservazione di questa antica tradizione, al fine di produrre un formaggio di supremo gusto al palato.
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